NOVITA’ IN ARRIVO… L’ETA D’ORO EDIZIONE HOME VIDEO CG ENTERTAINMENT

logo-cg
unnamedleta-doro-dc-ps

dvd

Da domani 7 Marzo 2017 sarà disponibile in Home Video ill film L’età d’oro – Director’s Cut di Emanuela Piovano con Laura Morante, in un nuovo montaggio a cura della stessa regista, in cui sono recuperate alcune delle scene del lavoro di gruppo della cineasta Annabella Miscuglio tratteggiata da Laura Morante, oltre ad alcune scene in cui è più intensa la presenza di Giselda Volodi.

In generale, in questa occasione, la Piovano ha inteso fornire una sua versione della storia meno drammatica e più rievocativa del periodo e delle persone raccontate nel film. Le due versioni del film conviveranno nell’edizione homevideo, che sarà acquistabile su CG Entertainment http://www.cgentertainment.it/film-dvd/leta-doro/f21527/

http://www.cgentertainment.it/news/letdorodiemanuelapiovanoindoppiodvd/

“Una coincidenza perfetta tra forma e contenuto, uno charme retrò che intenerisce e commuove.” Mymovies.it

“Sognare davanti allo schermo era un modo di aprire gli occhi e farli guardare lontano, molto oltre ogni film.” Il Manifesto

“Annabella Miscuglio, un nome che è quasi un destino per una vita tumultuosa che riassume tutte le utopie e le gioiose follie degli anni 70. “ Il Messaggero

L’ETÀ D’ORO | EVENTO SPECIALE 2016 | FESTIVAL INTERNAZIONALE CINEMA E DONNE

Evento speciale del Festival è il director’s cut di Emanuela Piovano, “L’età d’oro”

Lunedì 7 novembre.
Ore 21. Cinema La Compagnia – Firenze Via Cavour, 50r

locandina-cinepresa_w_loghiL’età d’oro è la scommessa cinematografica più impegnativa di Emanuela Piovano. Portare sullo schermo una figura centrale della scena romana degli anni 70 e 80, tra cinema sperimentale e femminismo nascente, Annabella Miscuglio, senza fare un biopic e neanche un documentario.

Annabella Miscuglio è stata l’ideatrice e la fondatrice del mitico Filmstudio di Roma. Ha realizzato inchieste, storiche e molto censurate, come Processo per stupro e A.A.A. Offresi su violenza e prostituzione.

Documentarista e sperimentatrice di nuovi linguaggi visivi organizzò, assieme a Rony Daopoulo il primo Festival di Cinema e Donne italiano: Kinomata.

A questo personaggio multiforme e affascinante, Emanuela Piovano si ispira per un film, poetico e sorprendente, in cui un figlio adulto, ancora ribelle nonostante la morte della madre, ne incontra l’ombra né triste né tragica e con essa discute e si riconcilia. Arabella/Annabella, una Laura Morante ironica e seduttiva, rievoca lo stile divita molto libero e creativo, comune al mondo scatenato dell’underground che il bambino di allora rifiutava e ora finisce per capire.
Siamo, però in Puglia e non a Roma e il discorso comprende il passato ed il presente di molti che, amano il cinema e continuano a credere nei loro sogni.

AGISCUOLA consiglia il film “L’età d’Oro”

logo_agiscuolaIl film L’età d’Oro di Emanuela Piovano è stato scelto dall’AGISCUOLA come film di alto interesse culturale e didattico. La visione è consigliata agli studenti delle scuole.

Manifesto l'età d'oro
Manifesto l’età d’oro

https://agiscuola.it/chi-siamo.html

https://agiscuola.it/schede-film/item/567-l-eta-d-oro.html

Riportiamo gli spunti di riflessione

di Rossella Chiovetta

1) Nel film “L’età d’Oro”, Don Sandro è il prete del paese di Monopoli. In gioventù era stato un cinéphile, amico di Arabella.

DON SANDRO -“Questo è vangelo”- Eppure c’è un’altra verità: quella del cuore… –

Il Vangelo ha subito tante stesure e censure.

La verità è una sola o possono essercene diverse ?

2) Nel film “L’età d’Oro”, Arabella è stata regista, ma ora vive da Don Sandro. Gestisce un’arena sul mare, proprio di fronte la chiesa. Insieme a Don Sandro, Vera, la sua giovane assistente e Alberto, il proiezionista dell’arena, hanno una missione importantissima da compiere: continuare a far vedere i nuovi e vecchi film come “L’Age d’Or” del regista Luis Bunuèl di cui preparano una rassegna e, nel contempo, riversare tutto l’archivio cinematografico di Arabella. Un archivio cinematografico è un patrimonio. Sei d’accordo sull’importanza che ha il recupero e la conservazione per la nostra memoria?

3) Nel film“L’età d’Oro”, Sid è il figlio di Arabella, abita al nord ed è tornato a trovare la madre. Durante il viaggio, nel ritrovare i vecchi luoghi, si chiede che bambino sia stato. Nei ricordi sente la voce della madre che gli dice che era stato un bambino magnifico. Ricordi che bambino/a eri tu? E se sei ancora un bambino, secondo te, quali sono i tuoi pregi e i tuoi difetti?

4) Nel film, Sid incontra i vecchi amici della madre, facevano parte della sua famiglia e lavoravano tutti per la passione del cinema con a capo Arabella. Ora però hanno tutti diverse professioni: Rosaria fa la giornalista, Jean, l’investitore finanziario e Bruno è magistrato. Sid si rende conto che era geloso della madre e che per questo se era andato.

– Hai mai provato gelosia per tua madre?

– Ti sei mai chiesto se è felice?  Se ha dei rimpianti?Pensi che ti ami abbastanza?

– Pensi che sia una buona madre?

5) Negli anni passati, molti sono i giovani che hanno lottato per la libertà. Cosa ne pensi del ’68 e dei movimenti di contestazione di quel periodo? In “L’età d’Oro”, Arabella credeva nel cinema come trasgressione e protesta non violenta. Secondo te il cinema può essere una forma di protesta?

6) Nel film “L’età d’Oro”, Arabella faceva parte di un collettivo femminista. Qual è la tua opinione sul femminismo? Le femministe sono state considerate da molti, streghe brutte e cattive. Da altri, donne che hanno avuto il coraggio di cambiare la storia. Qual è la tua opinione?

7) Arabella, nel film, viveva insieme ai suoi amici, amandoli tutti e tutte come in una comune. Sid ne era gelosissimo e dubita ora persino sulla sua assistente, Vera che ha una venerazione per sua madre.

– Ti darebbe fastidio vivere in una famiglia così?

– Hai mai sentito parlare di coppia aperta?

– Pensi sia possibile avere due padri o due madri?

– Può essere un arricchimento o sottrazione dell’affetto? Sai cosa sia una comune?

8) Nel film “L’età d’Oro”, Sid rimprovera la madre che non è riuscita a tenersi con sé il padre, anziché la corte dei miracoli, cioè gli amici che gli hanno fatto da padre. Ma il padre di Sid, un sassofonista che non amava il figlio, ha preferito andare via per seguire il suo sogno di musicista. Allora è giusto che Arabella abbia fatto crescere Sid in mezzo ai suoi amici?

9) Sid ha sempre rimproverato la madre per il tempo dedicato alla sua passione e non al suo ruolo di genitore. Conosci qualcuno che sia riuscito a coniugare una vita familiare ed essere un artista/regista? Credi che essere un artista/regista possa essere in contrasto nell’avere una famiglia? Pensi che una donna debba fare solo la madre?

10) Quante registe conosci? Conosci la regista Annabella Miscuglio? Nel film “L’età d’Oro”,  Rosaria e Don Sandro discutono sulla scelta di far proiettare nell’Arena “l’Age d’Or” per la rassegna dedicata al regista Buñuel.

ROSARIA – Io lo so bene cosa voleva fare Arabella, “L’Age d’Or” per parlare di censura…Come quella che lei ha subìto per tutti questi anni… cos’è la censura?

11) I film dal 1961 vengono valutati dalla Commissione ministeriale di revisione delle opere cinematografiche che ne giudica l’adeguatezza alla morale del tempo.

– Secondo te la morale è un entità assoluta o relativa alla propria epoca?

– Uno dei più importanti nostri politici, Giulio Andreotti, sosteneva che i “panni sporchi si devono lavare in famiglia”. Secondo te è giusto che un opera metta in luce anche aspetti scabrosi o rappresenti, nelle immagini, la povertà di un paese?

12) Nel film “L’età d’Oro”, VERA – Che differenza c’è spiare e fare cinema verità?Secondo te?

13) La generazione precedente alla tua, costata tanta fatica di chi ha lottato per cambiare le cose, la ritieni solo passata? Le sue idee seppur differenti delle tue possono essere costruttive anche per la tua generazione?Nel film “L’età d’Oro” – SID – “Ma abbiamo chi? Ma di chi parli? Tu e i tuoi amici? Tu e la tua generazione? Noi facciamo quello che possiamo, non quello che scegliamo di fare! Perché voi questo privilegio ce lo avete tolto”. Ha ragione Sid?

14) Nel film “L’Eta d’oro”, il figlio Sid è un giovane rigido e disilluso, vive solo del suo lavoro perché altrimenti non riesce a fare la spesa per la famiglia. In questa generazione della crisi, molti giovani sono disoccupati e molti non hanno un lavoro sicuro. Cosa ne pensi?

15) Bruno nel film “L’età d’Oro” si occupava dell’audio, era il cosiddetto “rumorista” del gruppo, ha poi ha lasciato il suo sogno per fare il magistrato. I giovani, oggi, avranno il tempo per sognare o inseguire una passione?Si possono ancora realizzare i desideri?  I sogni dei giovani vanno sostenuti?

16) Arabella nel film “L’età d’Oro” tiene in piedi, con passione, la vecchia arena cinematografica dedicandole tutta la sua vita. Ispirato a Annabella Miscuglio, fondatrice di Cinema Filmstudio nel 1976. Con l’avvento dei cinema Multisala e dei Multiplex , molte di queste realtà hanno chiuso. Per reggere la concorrenza i gestori dei cinema hanno dovuto inventare di tutto: iniziative culturali, pomeriggi speciali, rassegna serale dei film d’Essay… Qualche sala sta riaprendo ed hanno già un pubblico di affezionati. Non credi che il Ministero dei beni e delle attività culturali debba fare accordi con i gestori di queste piccole sale per la programmazione di grandi film di tutte le epoche anche per la scuola?

17) Molti ragazzi non conoscono L’”age d’or” di Bunuèl, ma neanche altri registi molto importanti della storia del cinema. Cosa si può fare ? E’ giusto che il cinema venga studiato già nella scuola dell’obbligo?

18) Nel film, Vera, prendendo esempio da Arabella, sua maestra di cinema, ha fatto tantissime ricerche, restaurato vecchie pellicole e tante, tante, interviste. Ha intervistato persino gli spettatori che andavano a vedere i film nell’arena. Dopo un laborioso montaggio è riuscita a fare un unico video. Che sarà poi il video che verrà  proiettato nell’arena per il funerale di Annabella al posto del film “L’Age d’Or “che non si trova.  Il cinema è presente, è ricordo. E’ giusto fare come Vera per raccoglierne l’eredità? I mezzi e la tecnica per fare cinema sono cambiati, siamo passati dal superotto al 36 mm, al digitale o al cellulare, ma non cambia mai lo scopo: raccontare le lotte, le speranze e i sogni. Secondo te è una forma d’arte che durerà per sempre?

IO, CONFESSO | GUALTIERO ROSELLA SCENEGGIATORE DEL FILM “L’ETA D’ORO”

LE DONNE L'ETà D'OROIO, CONFESSO  di Gualtiero Rosella

La prima volta che ho incontrato Silvana (Silvestri), Francesca (Massaro) ed Emanuela (Piovano) è stato negli uffici della Kitchen film. Ed è in quell’occasione che ho scoperto la storia di Annabella Miscuglio.

Sì, lo confesso. Anche se scrivo per il cinema da più di venticinque anni, non conoscevo il nome di Annabella, eppure ero stato uno dei frequentatori del Filmstudio – di cui Annabella era stata una dei fondatori – così come ricordavo il film ‘Processo per stupro’ ma non ricordavo il nome degli autori, né conoscevo il collettivo femminista che lo aveva realizzato.

Credo che siano molte le ragioni di questa mia colpevole amnesia.

La prima risiede negli anni ’70. Io ero un giovane studente arrabbiato, frequentavo i collettivi di studenti medi, e poi quello dell’Università, e avevo avuto rapporti con organizzazioni e partiti della sinistra. Poi era esploso il movimento femminista. Ricordo ancora la manifestazione a Roma, dove gli uomini scorrevano ai lati del corteo, incuriositi, sorpresi, affascinati, irritati, indispettiti. Ma quella manifestazione non fece altro che ricordarci che, se volevamo portare la fantasia al potere, non potevamo dimenticarci che esisteva ‘l’altra parte del cielo’.

Tutti, fino ad allora, si erano dimenticati delle donne: la società, la politica, persino il ’68; e loro, le donne, avevano deciso di ricordarlo a tutti.

Ma credo ci sia una ragione più profonda alla mia amnesia, apparentemente slegata dalla prima. E credo che l’abbia espressa in maniera chiara Silvana in un suo articolo:

‘Se non tutti conoscono il nome di Annabella è perché la censura nel nostro paese procede instancabile nella cancellazione dei gesti veramente radicali’.

Già perché Annabella fu davvero radicale, nelle sue scelte estetiche, ma anche politiche. Fu radicale e pagò le conseguenze delle sue scelte in un processo durato anni, che tolse a lei e alle altre delle collettivo i diritti civili, trattata come un delinquente. Ma fu radicale, perché, a pensarci bene, le donne non fanno altro che ricordarci che esiste anche il loro sorprendente, straordinario, indecifrabile punto di vista.

E allora che ci facevo io in quel posto? Con quelle tre donne che conoscevano benissimo Annabella, la sua storia, che quel movimento lo avevano vissuto in prima persona o almeno ne erano state protagoniste solo per il fatto di essere donne. Che ci faceva uno sceneggiatore maschio in quel gruppo?

Ancora oggi, a distanza di tempo, me ne chiedo la ragione. Forse era per la mia esperienza, la mia simpatia, la mia capacità professionale, o forse perché io ero lì a ricordare loro, la differenza.

Gualtiero Rosella
Gualtiero Rosella

Ero lì con la mia barba, a ricordare che per conquistare il cielo, bisogna che il cielo sia tutto intero, e non una parte. E così avevo conquistato finalmente un ruolo, dovevo essere il garante della differenza. Non dovevo difendere la mia parte, no, dovevo come dice bene Wenders in Tokyo Ga, essere l’angelo custode dell’idea del regista.

E’ questa la ragione che mi ha spinto ad accettare quel progetto, che poi è diventato il film: ‘L’età d’oro’.

Mi veniva data un’occasione, un’opportunità: ricordare, provare a capire, confrontarmi con chi quel punto di vista lo aveva vissuto quotidianamente.

Ma sarò furbo, in questa mia confessione, non vi racconterò in cosa consiste la novità del punto di vista delle donne. Non per umiltà, arroganza o ignoranza. No, lascerò a voi tutti la risposta.

Spero solo che qualcuno, vedendo il film, uomo o donna, torni a ricordarsi di un mondo che ha provato a cambiare le cose, e se anche non ci fosse riuscito, ha comunque cominciato a porre domande, a cui tutti noi siamo ancora chiamati a dare una risposta.

“L’ETÀ D’ORO” PARLA PIERLUIGI ALTO, FIGLIO DI ANNABELLA MISCUGLIO

Manifesto l'età d'oro

Il ricordo risvegliato dal grande schermo

di Francesca Romana Massaro 

Parla Pierluigi Alto, figlio di Annabella Miscuglio 

Il Conte di Rivarol diceva che “l’oblio sarebbe un rimedio sovrano, se non ci ricordassimo d’avere obliato”. Lo scrittore e giornalista francese sapeva bene quanto è difficile cancellare un pensiero dalla propria memoria, così com’è inversamente proporzionale il rapporto con la voglia di tenere sempre a mente qualcosa e l’impossibilità di farlo.

Annabella Miscuglio
Annabella Miscuglio

Il flm “L’Età d’oro” nasce proprio dalla ferma volontà della regista Emanuela Piovano di fotografare, raccontare e imprimere nella memoria della gente, una vicenda che non sarebbe giusto far avvolgere dal manto dell’oblio. L’idea è originata da un’antica promessa che la stessa aveva fatto alla sua cara amica Annabella, protagonista involontaria di questa vicenda.

Il lungometraggio è stato realizzato dalla regista piemontese in occasione del trentesimo anniversario dalla sentenza, che veniva letta in aula il 15 novembre 1985, nella quale si assolvevano tutti gli imputati nel processo seguito alla trasmissione televisiva “AAA Offresi”, creata appunto da Annabella Miscuglio e dal collettivo di cui faceva parte. Il processo fu ribattezzato dalla stampa come “Il caso Véronique”, caso che ha modificato, in parte, la percezione del buon costume così come quella della privacy.

Ne “L’Età d’oro” la regista ripercorre – anche se in maniera libera e romanzata – le atmosfere e parte delle vicende che hanno contribuito a cambiare la vita di Annabella e delle sue amiche.

Ma per qualcuno, la grande avventura di trent’anni fa, sommata a quella di oggi, ha avuto un significato nettamente più profondo. Anche se questo è stato compreso solo a distanza di qualche tempo. Parliamo di Pierluigi Alto, figlio di Annabella Miscuglio. A differenza di sua madre, lui non ha mai fatto cinema. Anche se ha deciso di occuparsi di cucina e fotografia, la Settima Arte ha sempre fatto parte della sua vita.

Nel periodo in cui scoppiò il caso della trasmissione “AAA Offresi”, Pierluigi – per gli amici Piero – era poco più che un ragazzo.
Ci racconta: “Solo oggi, leggendo i documenti relativi al processo, mi rendo conto di quanto sia stato clamoroso, eclatante quel caso. Penso che all’epoca mia madre avesse voluto tutelarmi, creando una sorta di protezione – una barriera – tra me e quello che stava accadendo. Occorre anche tener presente che gli unici strumenti di informazione a disposizione erano la televisione e i giornali. Non c’era il tam tam mediatico che abbiamo oggi.

Ricordo perfettamente tutte le donne coinvolte nel processo: Rony Daopoulos, Maria Grazia Belmonti, Anna Carini e Paola De Martiis. Me le ricordo perché frequentavano casa nostra in via degli orti d’Alibert. Erano delle care amiche di mia madre. Solo Loredana Rotondo, anche lei nel collettivo, non ricordo tra le mura di casa, forse perché era un’amicizia nata sul lavoro. Ammetto che non ho una memoria precisa di quel periodo; ero molto giovane e i miei pensieri erano naturalmente altrove. Inoltre è passato anche molto tempo, durante il quale non ho mai avuto occasione di parlarne con nessuno. C’è però una cosa che ricordo nitidamente dei giorni del processo: la paura. Quella sì. Temevo che mia madre venisse messa in prigione. Il rischio era alto e avrebbe comportato inevitabilmente un grosso problema. Forse avevo paura perché non sapevo molto del processo.

Ma era una cosa tutta mia perché mia madre, devo dire, non mi ha mai trasmesso questa sensazione, anzi. Mi tranquillizzava. Non so se poi con me appariva sicura del fatto che non sarebbe stata incarcerata solo per tutelarmi o perché ne era convinta davvero”.

Le riflessioni di Piero non arrivano, come mi sarei aspettata, come un fiume in piena. I ricordi danno l’idea di affacciarsi alla sua memoria, goccia a goccia. Frutto di emozioni e sensazioni scivolate davvero giù, nel profondo di un cassetto non toccato per decenni.

“Mi rendo conto, parlando con te – mi confessa Piero -, che è difficile. È difficile ricordare momenti così lontani, di cui non ho mai parlato.
Da quando mamma non c’è più, ho riflettuto su tante tematiche e su diversi argomenti. Ma in tutti questi anni al processo non ho mai pensato. È un discorso che ho iniziato a richiamare dal passato, quando ho letto stralci del tuo libro e riletto il loro. Sapevo che mamma stava vivendo qualcosa particolarmente significativa, ma in aula non ci sono mai andato”. La memoria , soprattutto quando i fatti vengono vissuti e filtrati dagli occhi di un ragazzo, assume forme differenti dalla realtà. Si perdono eventi che poi verranno valutati come fondamentali e restano scolpiti, invece, particolari meno importanti ma senza dubbio più signicativi a livello emotivo.

“Ho riletto il caso più come un evento che ha avuto un’importanza notevole a livello italiano, soprattutto a livello sociale, che come un evento che ha coinvolto mia madre. Non è stata una questione banale – asserisce Piero – che tutti i giornali nazionali parlassero di una trasmissione che aveva fatto pure mia madre, insomma non capita tutti i giorni. Ti ritrovi ad essere figlio di una persona che è venuta alla ribalta improvvisamente e la vedi sulle prime pagine dei quotidiani, con tutte le conseguenze che ciò può comportare”.

Come spesso accade, quando si sta cambiando la storia, la percezione di ciò che succede intorno non è così nitida e lucida. Solo a distanza di anni, i fatti prendono una piega ed un peso specifico differenti.

“Come ti dicevo, non ho il ricordo dei picchetti.. Mi accorgo di dover sottolineare, ogni tanto, che ho una certa età proprio perché oggi è tutto così facile. Sei bombardato d’informazioni, di notizie via carta stampata, ma anche e soprattutto Internet, Twitter e così via. All’epoca non era così. All’epoca correva la voce, era tutto un passaparola. Per questo motivo, essendo stato messo volutamente in disparte da mia madre, questo argomento non l’ho mai vissuto in pieno.”.

E aggiunge Piero:“Forse chi l’ha vissuta davvero in prima persona a quei tempi la può raccontare oggi come una questione imponente. Io stesso l’ho percepita in maniera più importante quando ho letto il libro, con la maturità e gli anni che ho (53). C’è un fattore emotivo che ti fa vedere le cose in maniera molto soggettiva. Non puoi percepire i fatti in maniera lucida. Per alcuni versi, ovviamente, li vivi anche male”.
In alcuni momenti del film, soprattutto in alcuni flashback, si rivivono le atmosfere delle comuni e dei collettivi. Quelle scene hanno contribuito a riportare alla mente di Piero degli antichi ricordi, anche se la realtà di casa sua non era così allargata.

“Quello di mia madre e del suo collettivo era un gruppo molto coeso. Ho continuato a sentire molte persone io stesso. Parlo di Rony, di Maria Grazia, di Paola e Anna, alle quali mi lega tantissimo affetto. Adesso purtroppo non ci sono più né Rony, né Anna e di Maria Grazia non ho notizie da tanto tempo, ma so che stava male.

Tornando a quel periodo, ricordo la generosità di Anna, che addirittura mi lasciò le chiavi della sua bellissima casa al mare, vicino Talamone, tutta per me ed i miei amici, per dieci giorni. Eravamo davvero legati ma non c’era questa vita di gruppo quotidiana, tipo una comune – racconta ancora Piero -. Nella casa di via degli orti d’Alibert vivevamo solo noi. Poi in alcuni periodi c’era qualche ospite, ma come in qualunque casa. Magari ci sono stati dei momenti, parlo di quando ero piccolo, che mia madre mi ha lasciato a Rony qualche volta, avevo 6 o 7 anni ma poi sono diventato autonomo abbastanza rapidamente. A 8 anni avevo le chiavi di casa e già cucinavo.”

Insomma il collettivo che aveva creato tanto scalpore con la trasmissione “AAA Offresi” e che era stato messo a durissima prova da un processo particolarmente aspro, la cui sentenza ha fatto giurisprudenza per la severità applicata durante tutto il corso del procedimento, non ha permesso che questi fatti ne distruggessero i rapporti interni.

Piero racconta:“Da quel che mi ricordo sono rimaste molto amiche anche dopo il processo, non mi sembra proprio che i loro rapporti siano stati intaccati. Quello che so per certo è che non hanno più lavorato tutte insieme. Sono state divise dal punto di vista professionale perché, come dire, non era strategico che il gruppo dello ‘scandalo’ continuasse a lavorare, unito. Più o meno ognuna ha avuto un suo percorso. Però mi ricordo che si sentivano tra loro. Erano veramente amiche. Mamma è tornata in Rai come regista esterna. Paola e Anna credo che siano state assunte, sempre dalla Rai. Rony ha lavorato in altre redazioni Rai, sicuramente nelle trasmissioni condotte da Catherine Spaak e da Licia Colò. Maria Grazia, invece, credo si sia un po’ più distaccata dalla Rai. Di Loredana non so perché non ho mai avuto rapporti diretti con lei. Mi ricordo di quando venivano a casa Rony, Maria Grazia e le altre. Non so se con lei si vedevano in Rai. Inoltre bisogna tenere presente che con le altre si conoscevano e frequentavano da decenni”.
Ovviamente la storia narrata nel film trae spunto dalla vita della pasionaria dei cineforum ma non ne è la ricostruzione fedele. Annabella infatti non ha mai avuto un’arena sul mare ma ha fondato il Filmstudio 70 nel centro di Roma.
Ciò che è certo è che le atmosfere del film ricordano molto quegli anni e il tipo di vita che si conduceva. “Partiamo dal presupposto che la realtà della vita di mia madre è già di per se stessa un romanzo – asserisce Piero, che incalza -. Poi è chiaro che, a seconda delle percezioni del vissuto, ognuno di noi si riconosce maggiormente o meno in ciò che si vede sul grande schermo.
Alcune cose le ho ritrovate molto, altre di meno. Guardando il film facevo il gioco di cercare di riconoscere i personaggi del film rispetto agli amici della vita reale. Se ritrovavo certi tratti delle loro personalità. Mi piaceva poi vedere come questi venivano interpretati non solo da Emanuela ma anche dagli attori.”. Ciò che è certo, è che Piero si è rivisto in parte in Sid.“Mi sono ritrovato in alcune dinamiche. In alcuni momenti ho riconosciuto il rapporto madre- figlio che avevo con mia madre. Ad esempio in qualche piccolo screzio, come quello per le sigarette che fumava, sempre troppe per uno come me che non ha mai sopportato il fumo. Non proprio nel personaggio in sé. Il film l’ho apprezzato molto, anche se devo ammettere che mi è dispiaciuto vedere stravolta la figura di mio padre, che nel film “Arabella” afferma essere partito sin da subito per seguire la sua musica, mentre nella realtà mio padre, è stato sempre presente in ogni attimo della mia vita, fino all’ultimo dei suoi giorni. Così come sono stato al fianco di mia madre fino al suo ultimo respiro, mentre nel film si vede che arrivo da un’altra città solo il giorno del funerale. Ma, come si diceva prima, un film è il frutto di un compromesso tra realtà e nzione”.

A volte, avere lo spunto per parlare di questioni lontane nel tempo che però hanno inciso molto nella propria vita, porta a dare il via ad una serie di riflessioni, una sorta di bilancio generale della propria vita, così come della propria origine. E allora ci si rende conto che il motivo per il quale era stato deciso di realizzare il libro, così come il film, era un motivo fondato. Annabella non sarà dimenticata e “Il caso Véronique” verrà, ancora una volta, analizzato, criticato e o approvato.

“È un momento della mia vita in cui sto riflettendo parecchio – confida infatti Piero-. Il mese scorso, per esempio, ho deciso di andare a Lecce, la città di mia madre. È stata una cosa affettiva e affettuosa. Ho deciso di perdermi tra quelle che un tempo erano state le sue strade. Sono passato davanti alla sua scuola elementare e alla sua casa di famiglia. Me la immaginavo lì, da piccola.
Ormai sono passati più di settant’anni da quando Annabella visse in quei posti, ma il coinvolgimento emotivo, quello, il tempo non lo cambia. È stata un’emozione forte. Però non sono andato al cimitero. Ho scelto di vedere i posti in cui lei viveva. Poi chissà, magari l’andrò a trovare anche al campo santo, un giorno”.

Piero ci racconta che, in questo viaggio molto particolare, si è fatto accompagnare da “un libro, di Luigi Chiriatti – profondo conoscitore della cultura salentina – intitolato “Osso, sottosso e sopraosso”.

Tra Luigi e mamma si strinse una bellissima amicizia, che tutt’ora porto avanti anche io. All’interno di questo libro c’è un pezzo che porto nel cuore, scritto da Nicolai Ciannamea, l’operatore pugliese con cui mia madre ha lavorato molto. È stato molto particolare rileggere queste parole mentre camminavo per Lecce. E nello stesso libro ho ritrovato anche un contributo di Emanuela Piovano. È stato proprio un bel viaggio.“.

Durante le riprese del film, tornavano i “cerchi concentrici” sia davanti che dietro la macchina da presa. Sullo schermo, i cerchi erano il risultato di uno dei primi esperimenti cinematograci della protagonista Arabella. Dietro lo schermo e quindi sul set, i cerchi concentrici rappresentavano tutti quei tasselli che, tornando a posto in maniera del tutto casuale, ricomponevano una figura perfetta, il loro cerchio originario. I cerchi concentrici.

Tra questi c’è stata la casualità di accogliere sul set la vera nipote di Annabella, appassionata di cinema, che per puro caso aveva scoperto, il giorno prima delle riprese, che una troupe romano-piemontese si era insediata a Monopoli per girare un film sulla vita di sua zia.

Paola Verardi
Paola Verardi

“Il fatto che sul set ci fosse Paola, la nipote vera, è stato quasi un colpo di fortuna, una sorta di sliding doors” – ha commentato anche Piero.
Oggi, che il film è stato concluso e lavorato, Piero si lascia andare ad un’ultima confessione:“Mia figlia sa molto di Annabella, ma non sa tutto. Forse un giorno continuerò a raccontarle alcune cose.

Ciò che so per certo è che mi farà molto piacere farle vedere il film. Più che altro per avere una rappresentazione della nonna ma anche del papà da giovane, anche se in versione romanzata, ma è bello che possa vederlo”.

È un cerchio che si chiude. Un altro cerchio concentrico.