SQUOLA DI BABELE | CONFERENZA STAMPA |BARBERINI | ROMA

barberiniIMG_0772Presso il Cinema Barberini di Roma il 10 aprile alle ore 11 intervista alla regista e incontro con i giornalisti per la conferenza stampa del film “SQuola Di Babele”

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LE DOMANDE DEI GIORNALISTI IN CONFERENZA STAMPA

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Estratto da 10 aprile 2015 Daniela Catelli

http://www.comingsoon.it/news/?source=cinema&key=42018

I protagonisti di SQuola di Babele sono così interessanti che sembrano usciti da un casting. Come li ha messi insieme Julie?

Non ho messo insieme niente, ma ho scelto questa classe perché i ragazzi venivano da 22 paesi diversi e avevano storie e personalità incredibili, molto diverse tra loro. C’era un ragazzino cileno venuto per studiare il violoncello e di famiglia borghese, rifugiati politici perseguitati dai neonazisti, storie famigliari molto particolari ma è stato un caso che esistesse questa classe proprio così e che io l’abbia scelta. Sapevo che con loro avrei avuto questa diversità che è un’immagine del mondo e l’ho scelta anche a causa della professoressa che era davvero eccezionale e rappresentava l’accoglienza ideale con la sua pedagogia fondata sull’ascolto.

Come funziona il sistema scolastico francese coi ragazzi stranieri, che in Italia vengono inseriti direttamente in classi miste?

Tutti i ragazzi stranieri che arrivano vanno in una classe del genere per un anno, e nel caso di bambini che non sono mai andati a scuola nel loro paese, perché ce ne sono, li si aiuta prima a capire come funziona. Se ci sono già stati, a poco a poco durante l’anno secondo il loro livello vengono integrati nelle classi corrispondenti e alcune materie, come la matematica, lo sport, la geografia, le seguono nelle classi normali in modo che partecipando a entrambi i corsi possono integrarsi gradualmente imparando la lingua. In Francia ci sono 800 classi di inserimento per tutti i livelli, dai più piccoli ai liceali. Maryam, la ragazzina che lascia la classe di Parigi per andare a vivere a Verdun dove hanno dato un appartamento alla madre, ha avuto problemi perché lì non ci sono classi di accoglienza. Più che altro ci sono nelle grandi città e a seconda del numero di minori immigrati.

Colpisce molto nel film il discorso che fanno i ragazzi sulla religione e la tolleranza che dimostrano in un momento come questo

E’ una scena molto importante ed è stato sconvolgente e molto spontaneo. In classe in quel momento c’era un’etnologa perché i ragazzi facevano un film sulla differenza e lei aveva detto loro di portare un oggetto che li rappresentasse. Qualcuno ha portato anche oggetti religiosi, come la Bibbia, il Velo e il Corano e da lì è nata una discussione molto spontanea che ha avuto anche momenti di tensione, quando la ragazzina cristiana dice a quella musulmana “tu non puoi toccare la Bibbia” e viceversa. Ma dal momento che la professoressa ha dato la parola a tutti e li aiutati a comprendere è scaturita questa discussione davvero appassionante e a un certo punto Djienabou, la ragazzina che parla sempre di Dio, dice che Dio è il suo unico amico ecc., pensando a queste differenze e a cosa si fa in nome della religione se n’è uscita dicendo “ma forse Dio non esiste” e siamo rimasti tutti colpiti perché nessuno se lo aspettava. E’ straordinaria anche la fine di questo dibattito quando loro dicono che il mondo è una domanda.

Come è riuscita a far dimenticare la sua presenza e quella della telecamera?

Nessuno l’ha davvero dimenticata ma per me era un modo per far parte della classe e stare con loro. Per tutto l’anno io per loro ero solo Julie, erano contenti di vedermi e si sono abituati, anche perché ero presente con solo un tecnico del suono e non gli ho fatto domande, ho aspettato che loro si sentissero di parlare di certe cose, non ho interferito col loro lavoro e ho rispettato i loro tempi, come è giusto in un documentario. Certo se avessi avuto solo tre settimane per farlo forse avrei avuto bisogno di ottenere prima delle cose, qua invece ho avuto il tempo per poterle cogliere. E’ stato sorprendente vedere come anche i genitori si dimenticassero di me, erano molto concentrati su quello che volevano dire alla professoressa e perciò ci riuscivano e ho rispettato quelli che hanno chiesto di non essere ripresi. I ragazzi sono stati molto naturali e la professoressa mi ha detto che le cose non cambiavano in classe se ero presente o no. Forse facevano più confusione, ma se notavo che qualcuno faceva l’esibizionista a favore della telecamera smettevo di riprendere e cercavo di far capire loro che non era uno show televisivo, non era uno scherzo. Detto questo, l’oggettività assoluta nel cinema non esiste: è chiaro che questa è la mia visione, io ho selezionato il girato e l’ho montato, ho tagliato e riassunto, ma niente di quello che vedete è stato provocato. 

I ragazzi stranieri come vengono trattati dagli altri? Qua in Italia ci sono molti pregiudizi…

In Francia è come da voi, ci sono ipocrisia e razzismo, noi abbiamo Marine LePen e voi avete altri politici e ci sono paure e pregiudizi dappertutto. Questo è un film che lotta contro tutto questo, vede gli immigrati come una ricchezza e dimostra che più sono accolti bene più possono arricchirci con le loro differenze culturali. E’ difficile lottare contro il razzismo, specie in un momento in cui è mescolato con discorsi sulla crisi pieni di luoghi comuni, con l’eterna ricerca di un capro espiatorio ed è chiaro che se uno è di estrema destra e vede questo film resta della sua idea. Ma io l’ho visto in molte scuole ed è stato bello vedere la reazione dei ragazzi, che vivono immersi nei discorsi dei genitori ma mi hanno detto spesso – ascoltando le storie degli altri, coi loro problemi anche drammatici, la necessità di crescere in fretta e di essere spesso responsabili anche per gli adulti – di vederli come degli eroi e che non li avrebbero più presi in giro. E’ importante che i film raccontino anche delle storie positive, perché è così che si cambia il mondo: poco per volta. Io non faccio film militanti ma credo che questo sia un film politico che dia la possibilità di crescere andando incontro agli altri. Sono sempre stata attratta dall’altro, dal diverso da noi. Ho tre figli e amo molto l’infanzia. Avrei potuto anche scegliere una classe di bambini ma l’adolescenza ha questa caratteristica straordinaria di viaggio, di difficile età di passaggio. E’ un momento cui si vuole anche essere come tutti gli altri e questi ragazzi non potrebbero sentirsi più diversi, ma grazie all’insegnante che li ha fatti parlare e li ha ascoltati si sono resi conto che i loro problemi e le loro differenze erano quello che li accomunava e li rendeva uguali. Il tono della discussione è stato quindi molto più appassionante che in una classe normale.

http://www.ansa.it/sito/videogallery/spettacolo/2015/04/10/regista-bertuccelli-immigrazione-e-ricchezza_acc4fcca-8cec-43b5-a5c9-8ea3dc412cab.html